La relazione del gruppo istruttorio della Commissione di VIA (Valutazione Impatto Ambientale) parla chiaro: occorre aprire aprire una profonda riflessione sull’autostrada Cispadana, un progetto nato con presupposti sbagliati.
E’ un errore evidente pensare che un’infrastruttura chiusa e a pedaggio possa essere la soluzione agli storici problemi di collegamento di un’area densamente popolata come quella che attraversa la Bassa reggiana, modenese e ferrarese.
Soltanto l’illusione di poter reperire le risorse economiche necessarie attraverso il pedaggio, a costo di forzare le previsioni di traffico, può portare a una soluzione che è sempre apparsa meno funzionale di una strada a scorrimento veloce.
Siamo quindi al punto in cui si evita di produrre una valutazione comparata fra diverse ipotesi, venendo peraltro puntualmente richiamati a farlo dalla Commissione di VIA del Ministero dell’Ambiente.
Né possono contribuire a migliorare la credibilità del progetto le lacune relative alla sostenibilità ambientale complessiva, sia essa riferita alla sismicità dell’area, all’impatto sui centri abitati e sull’agricoltura o alla qualità dell’aria.
Dobbiamo peraltro registrare la dubbia affidabilità complessiva della compagine societaria ARC data la presenza in qualità di socio al 19,30% di Coopsette, la cui situazione finanziaria appare al momento quanto meno problematica.
Tutte queste ragioni dovrebbero suggerire una ricognizione del percorso, a tutela dei cittadini e della finanza pubblica, che non escluda opzioni alternative e che eviti di intestardirsi sul modello autostradale, partendo da un piano finanziario che consenta di quantificare con certezza le risorse mancanti, al netto dei contributi già previsti.
Ciò che è certo è che un’area tanto significativa per l’economia nazionale non può essere lasciata priva delle infrastrutture necessarie, tanto meno dopo aver subito il trauma del terremoto e piuttosto considerando la situazione viaria dell’asse nord-sud stanti le pessime condizioni della strada Canaletto.
Questo però non significa arrendersi all’inevitabilità di una soluzione in cui sono chiari gli interessi privati, ma molto meno quelli pubblici.
On. Giovanni Paglia
E’ un errore evidente pensare che un’infrastruttura chiusa e a pedaggio possa essere la soluzione agli storici problemi di collegamento di un’area densamente popolata come quella che attraversa la Bassa reggiana, modenese e ferrarese.
Soltanto l’illusione di poter reperire le risorse economiche necessarie attraverso il pedaggio, a costo di forzare le previsioni di traffico, può portare a una soluzione che è sempre apparsa meno funzionale di una strada a scorrimento veloce.
Siamo quindi al punto in cui si evita di produrre una valutazione comparata fra diverse ipotesi, venendo peraltro puntualmente richiamati a farlo dalla Commissione di VIA del Ministero dell’Ambiente.
Né possono contribuire a migliorare la credibilità del progetto le lacune relative alla sostenibilità ambientale complessiva, sia essa riferita alla sismicità dell’area, all’impatto sui centri abitati e sull’agricoltura o alla qualità dell’aria.
Dobbiamo peraltro registrare la dubbia affidabilità complessiva della compagine societaria ARC data la presenza in qualità di socio al 19,30% di Coopsette, la cui situazione finanziaria appare al momento quanto meno problematica.
Tutte queste ragioni dovrebbero suggerire una ricognizione del percorso, a tutela dei cittadini e della finanza pubblica, che non escluda opzioni alternative e che eviti di intestardirsi sul modello autostradale, partendo da un piano finanziario che consenta di quantificare con certezza le risorse mancanti, al netto dei contributi già previsti.
Ciò che è certo è che un’area tanto significativa per l’economia nazionale non può essere lasciata priva delle infrastrutture necessarie, tanto meno dopo aver subito il trauma del terremoto e piuttosto considerando la situazione viaria dell’asse nord-sud stanti le pessime condizioni della strada Canaletto.
Questo però non significa arrendersi all’inevitabilità di una soluzione in cui sono chiari gli interessi privati, ma molto meno quelli pubblici.
On. Giovanni Paglia