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Istituzione Servizio Meteorologico Nazionale: un ritardo ingiustificabile

26/7/2017

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In Italia è assente un vero Servizio metereologico nazionale (SMN); storicamente, è stata l'Aeronautica Militare (AM) a farsi carico dello sforzo maggiore nel garantire un servizio pubblico essenziale, scontando tuttavia negli anni difficoltà crescenti a sostenere l’impegno, in un quadro di razionalizzazione degli impegni finanziari.
Tali difficoltà hanno spinto le regioni, prima fra tutte l’Emilia Romagna nel 1981, a dotarsi di un proprio Servizio meteorologico regionale, che, nel tempo, ha trovato collocazione nelle rispettive Arpa. Anche Enav ed Enel si sono dotate di un proprio servizio meteorologico, e così il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; un’unità di previsione esiste anche presso il Dipartimento Nazionale della Protezione civile, e competenze nel settore sono attribuite anche ad Ispra ed Enac. Tutto ciò ha però prodotto una dispersione delle già limitate risorse che l’Italia dedica alla meteorologia, ed una mancanza di univocità nell’informazione fornita ai cittadini, con conseguente perdita di credibilità.
 
Finalmente, la legge n. 100 del luglio 2012 ha stabilito l’istituzione del Servizio meteorologico nazionale distribuito (SNMD), che raccolga e coordini le realtà della meteorologia italiana, senza costi aggiuntivi per lo Stato, disponendo che  compiti e struttura fossero fissati entro sei mesi mediante DPR.
 
A cinque anni di distanza, i Governi succedutisi non hanno ancora provveduto ad approvare il DPR in questione, contravvenendo quanto previsto dalla legge stessa e disattendendo le numerose sollecitazioni ricevute, fra cui l’interrogazione presentata dal nostro deputato Giovanni Paglia il 23 aprile 2014, di cui abbiamo già riferito.
​Il Dipartimento centrale della Protezione civile ha da tempo predisposto lo schema del provvedimento, recependo le osservazioni degli altri Ministeri coinvolti, ed è stato posto all’ordine del giorno nel Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2016, ma è stato rimandato a data da destinarsi.
 
Nel frattempo, le condizioni del principale Servizio meteorologico nazionale, quello dell’Aeronautica Militare, si sono fatte sempre più critiche. Non è certo per antimilitarismo che da tempo si parla di un trasferimento delle competenze in ambito civile, ma per semplice buon senso.
Qualsiasi professione nel mondo contemporaneo richiede un lungo periodo di formazione iniziale, più periodi di formazione continua durante tutto il corso della carriera. Il personale del Servizio meteorologico AM è a tutti gli effetti inquadrato come militare, e deve quindi aggiungere alla formazione tecnico scientifica lunghi corsi su materie quali strategia, organica militare, logistica, diritto penale militare, diritto umanitario nei conflitti armati.
 
Si segnala ad esempio la laurea triennale in Scienze politiche e delle relazioni internazionali per i Marescialli ad inizio carriera (in luogo di una laurea di primo livello in meteorologia, come sarebbe previsto dalla World meteorological organization); ed il Master di II livello (60 crediti) in “Leadership ed Analisi strategica”, per il passaggio da Ufficiale inferiore ad Ufficiale superiore.
 
A ciò si aggiungono altri impegni tipicamente militari quali servizi di reparto, cerimonie, prove di efficienza fisica, tiri, ecc... Infine, personale di categoria meteo viene diffusamente utilizzato in ambito circoli, mense, stabilimenti balneari, Pumass (Promozione umana sociale e sport), difesa locale, o per il settore aerospaziale.
 
Complessivamente, risorse umane pari numericamente a meno del 50% di quelle di cui dispongono i Servizi meteorologici di altri grandi paesi europei, vengono utilizzate nel settore in questione solo in misura limitata.
 
Si aggiunga che gli addetti alla metereologia dell’AM non possono sviluppare problemi fisici incompatibili con la vita militare, ma non certo con un lavoro tecnicamente qualificato ma “da ufficio” come il loro; ciò ha fra l’altro causato nel 2014, dopo anni di blocco del turn over, la mancata copertura di posti messi a concorso in quanto tutti i candidati, che pure avevano brillantemente superato scritti ed orali nelle materie professionali, sono stati scartati alle visite mediche per l’idoneità al servizio militare permanente.
 
Si noti che, fra tutti i paesi avanzati, solo l’Italia presenta ancor oggi tali problematiche: i Servizi meteorologici sono nati quasi ovunque in ambito militare, ma sono stati da svariati decenni trasformati in Agenzie civili; fra le ultime a farlo è stata la Spagna, dopo la morte del dittatore Franco, e stiamo parlando di quarant’anni fa.
Solo in Italia ed in Grecia, la meteorologia è ancor oggi affidata all’Aeronautica Militare. Ma perfino in Grecia il personale è in buona parte civile, e può quindi dedicarsi totalmente a questa disciplina.

Tali criticità sono state evidenziate anche da uno studio di settore prodotto nel febbraio 2011 dai vertici del Servizio meteo AM.
In tale studio veniva constatato che la commissione fra le esigenze del servizio militare e di quello civile aveva comportato numerosi problemi, il cui accentuarsi dovuto all’accresciuta domanda di informazioni meteorologiche da parte della collettività ed al contemporaneo calo delle risorse disponibili avrebbe potuto portare addirittura ad interruzioni di pubblico servizio, con conseguenti ripercussioni sulla sicurezza.

In conclusione, si suggeriva di trasferire 633 unità operative ad un SMN civile organizzato in forma di Agenzia (pur sempre collocato all’interno del Dicastero della Difesa, alle dirette dipendenze del Ministro); trattenendone invece 270 in un Servizio meteorologico operativo per specifiche esigenze militari.

La precedentamente citata legge 100 del 2012 avrebbe poi ulteriormente mutato il quadro normativo. Una componente maggioritaria destinata ad esigenze civili avrebbe dovuto comunque separarsi dall’Aeronautica Militare ma, invece di costituire autonomamente un SMN, sarebbe confluita a fianco delle componenti meteo delle Arpa regionali e di altre realtà in SMND.
 
Nel 2015 l’Aeronautica Militare decideva invece di procedere ad una riorganizzazione completamente diversa, che ha visto il Servizio meteorologico rimanere interamente nell'ambito dell'AM, con l'attribuzione alla parte Operativa di circa 900 unità e alla parte per esigenze civili di appena 20 unità.
 
Tale infatti è la consistenza minima del nuovo Centro Nazionale di Meteorologia e Climatologia Aeronautica (CNMCA), destinato a fornire previsioni alla Protezione Civile. Tale realtà rappresenta una frazione nettamente minoritaria del precedente CNMCA, un tempo ente operativo e scientifico centrale del Servizio, che in base allo studio di settore del 2011 avrebbe dovuto essere trasferito in toto a SMN.
 
Una realtà così minuscola non può certo dedicarsi, oltre alle previsioni correnti, agli studi su una realtà oggi di fondamentale importanza quale quella del cambiamento climatico. Si consideri che il solo Hadley Center, parte dell’UK Met Office destinata allo sviluppo dei modelli climatologici, impiega centinaia di persone di altissima qualificazione scientifica.
 
La parte maggioritaria del vecchio CNMCA è stata invece trasformata in Centro Operativo per la Meteorologia (COMet), nuovo ente centrale del Servizio, destinato, come indicato dal nome stesso, primariamente ad esigenze militari; come evidenziato inoltre ponendovi a capo non un Colonnello di categoria meteo, ma un Colonnello pilota.
 
In questo modo, oltre a prescindere completamente dalle conclusioni dello studio del 2011, si andava a rafforzare il carattere militare del servizio, ma lo si rendeva al tempo stesso ancor più inadeguato al ruolo di SMN.

Anche su questo argomento l’onorevole Paglia è intervenuto con un’interrogazione parlamentare al Ministro della Difesa, chiedendo di esplicitare le motivazioni della riorganizzazione del 2015, ed invitando a riconsiderare tale scelta,  “separando una parte maggioritaria del servizio da destinare ad esigenze civili da una parte minoritaria per esigenze militari ed esentando i primi da corsi ed altri obblighi militari, di modo che possano dedicarsi unicamente alla loro professione ed alla collaborazione scientifica con le altre realtà della meteorologia italiana, migliorando così il servizio fornito alla Nazione, nell'ottica giustificata ed ineluttabile del costituendo Servizio meteorologico nazionale distribuito”.
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Purtroppo, al momento, non è stata ottenuta alcuna risposta.
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